Ad Avigliana il Giorno dell’Unità nazionale del 4 novembre, in occasione del 105esimo anniversario di Vittorio Veneto, nel ricordo dei caduti di tutte le guerre, si celebra il 1 novembre 2023
Avigliana, 3 novembre 2023 – La Città di Avigliana insieme all’Associazione nazionale Carabinieri sezione di Avigliana, all’Associazione nazionale Alpini gruppo di Avigliana, mercoledì 1 novembre 2023 alle 11 presso il Monumento ai Caduti ha celebrato il 105esimo anniversario di Vittorio Veneto e la Giornata dell’Unità nazionale nel ricordo dei caduti di tutte le guerre.
Nel corso della cerimonia è stata consegnata una targa a Giorgio Murroni per 15 anni presidente della sezione di Avigliana dell’Associazione nazionale Carabinieri in congedo: «Proprio perché quel senso civico e quella cura – ha affermato il sindaco Andrea Archinà – nelle comunità si alimentano attraverso l’operato concreto dei cittadini, in quest’occasione ci pare significativo consegnare una benemerenza a una persona che nella sua vita è sempre stata orientata allo spirito di servizio». La targa è stata consegnata al tenente cavaliere Giorgio Murroni “con profonda stima e riconoscenza per i molti anni di servizio nella sezione di Avigliana dell’Associazione nazionale Carabinieri dedicati alla nostra comunità con serietà e passione”.
rivolgo un cordiale saluto e un particolare ringraziamento per loro presenza alle autorità militari e civili, al Gruppo di Avigliana dell’Associazione nazionale Alpini, alla Sezione di Avigliana dell’Associazione nazionale Carabinieri insieme ai rappresentanti delle associazioni d’arma, le associazioni dei combattenti e reduci, la Protezione civile, la società filarmonica Santa Cecilia e tutti voi che siete intervenuti. Anche quest’anno vogliamo testimoniare una memoria e rinnovare l’impegno a ritrovare nella nostra società contemporanea le ragioni profonde dell’unità e il valore della nostra indipendenza nazionale, consapevoli di essere chiamati a coniugare questi valori a quelli di un presente orientato alle pacifiche relazioni tra i popoli che abitano la nostra Terra.
Sono ormai 162 gli anni della nostra Storia nazionale, nel corso dei quali il senso di appartenenza è stato costruito e cementato da esperienze tragiche, come le due guerre mondiali, che ci hanno accomunati ben più delle divisioni e delle lacerazioni sociali che nel tempo si sono susseguite. L’affezione al nostro Paese è una risorsa fondamentale per la democrazia che si esprime nella libertà e nel rifiuto di ogni sentimento di superiorità nei confronti di altre nazionalità e popolazioni. Poiché le differenze esistono, queste non possono diventare barriere invalicabili; al contrario, prenderne atto con onestà e senza ipocrisia può servire a comprenderne le ragioni e aiutare a costruire soluzioni che contribuiscano a colmare le distanze, rendendo la nostra comunità nazionale sempre più unita sotto il profilo sociale, economico e culturale. Eppure basta guardarsi intorno per percepire costanti e sempre più marcati segnali di divisioni tra le componenti sociali, politiche e territoriali del nostro Paese.
Contrasti, talvolta anche sguaiati, che contribuiscono ad accrescere quel senso di contrapposizione che è l’esatto contrario dell’unità che dovremmo celebrare oggi. Se poi pensiamo a quante di queste dinamiche sono amplificate da un uso smodato e incontrollato dei social network, soprattutto tra le nuove generazioni, non possiamo che essere quasi assaliti da un senso di smarrimento rispetto a un futuro sempre più incerto. La nostra memoria oggi rievoca anche la fine della prima guerra mondiale. Sono trascorsi 105 anni da quando si è messo fine a un conflitto che ha sconvolto il mondo intero e che ha condotto alla morte più di 378mila ragazzi italiani impegnati in trincea. L’Italia nacque anche in quei luoghi le cui tragedie hanno contribuito a renderci un popolo ovunque riconosciuto quale esempio di democrazia e baluardo della difesa dei diritti umani e della vita. Per questo oggi siamo nuovamente sollecitati ad affermare con forza il nostro rifiuto della guerra e a percorrere con tutto il nostro impegno la via del dialogo.
Purtroppo il nostro tempo continua a proporci nuovi scenari di conflitto nel mondo, interrogando le nostre coscienze e chiamandoci ad agire, perché la responsabilità di testimoniare l’alto ideale della pace è attribuita a ciascuno di noi. Purtuttavia non possiamo nasconderci che giungiamo ogni anno a questo appuntamento con una sempre maggiore stanchezza nel cuore, testimoniata da una sempre più scarsa partecipazione pubblica. Come non interrogarsi dunque su quale significato abbia ancora oggi parlare di unità nazionale, ma soprattutto di “forze armate”. Perché un conto sono le battaglie quotidiane combattute anche nel nostro Paese, nelle nostre periferie, tentando di sconfiggere la criminalità organizzata, il traffico di stupefacenti, peggio ancora quello degli essere umani, il bullismo o l’evasione fiscale, ma anche garantendo semplicemente l’ordine pubblico. Vere e proprie piaghe del nostro tempo che impediscono lo sviluppo una società più equa e più giusta. E in questo non possiamo ovviamente che ringraziare le forze dell’ordine per il loro costante operato. Un conto, invece, è pensare che siano le armi lo strumento migliore per poter risolvere i conflitti. La tragedia che si sta consumando oggi nella striscia di Gaza ci consegna una volta di più tutta la responsabilità che grava oggi sul genere umano per non essere stato in grado in tutti i millenni della sua Storia di abbandonare l’uso della violenza e delle armi, soprattutto quelle di distruzione di massa. E lo stesso vale anche per la guerra tra Russia e Ucraina, di cui siamo stati costretti a parlare già un anno fa in questa stessa occasione e che speravamo si sarebbe conclusa di lì a poco. Situazioni che riesplodono ciclicamente alimentate da ataviche rivalità sopite che serpeggiano anche tra la gente comune. Le stesse, che amplificate, finiscono per innescare conflitti quando le istituzioni e chi ha responsabilità di governo non sente il dovere di interrompere quella spirale d’odio, ma anzi finisce per alimentarla ulteriormente.
A farne le spese sono sempre però i più deboli: la popolazione civile, le donne e tutti i bambini a cui viene sottratto prematuramente il diritto di diventare degli adulti più saggi dei loro genitori che in un modo o nell’altro hanno egoisticamente fallito nel loro compito. Non potrebbe, dunque, esserci commemorazione più significativa di quella odierna per elevare l’appello a tutta la comunità internazionale per adoperarsi con maggior convinzione ad ottenere il cessate il fuoco a Gaza, in Ucraina ma anche in tutte quelle parti del mondo in cui si stanno consumando oltre 60 conflitti.
Ebbene, di fronte a temi come questi, che generano inevitabilmente delle sfide per il futuro di portata così vasta, è innegabile che ci si possa sentire pervasi da un senso di impotenza e tentati di assumere un atteggiamento rinunciatario, quasi come se fossero problemi troppo grandi per noi. Eppure sono convinto che è proprio dal basso e nelle piccole comunità che può essere coltivato quel senso civico di cura verso l’altro che può invertire la tendenza. Ho trovato conforto di questo in una frase di Ernesto Balducci, fatta propria dall’Assemblea nazionale Enti Locali per la Pace ad Assisi il 21 maggio del 1994. “Le città devono trasformarsi in laboratori di cultura di pace. Esse devono sorpassare la corazza delle sovranità statali, che ancora sono segnate dall’arcaico antagonismo tra città e Stato, per restaurare la solidarietà in una dimensione planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica rivoluzione”.
Faccio dunque l’augurio a tutti quanti noi, alla nostra Avigliana, di essere parte attiva di questa rivoluzione ed essere ogni giorno in grado di trovare sempre la via della pace nel futuro che l’attende. Viva l’Italia Unita, Viva le forze armate, ma Viva soprattutto la pace.